Come è noto, l'articolo 1 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha abrogato l'articolo 16, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, che conteneva la disciplina generale dell'istituto del trattenimento in servizio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, e ha riformulato il comma 11, dell'articolo 72, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle pubbliche amministrazioni stesse.
L’istituto del trattenimento in servizio è stato conseguentemente soppresso, mentre l'ambito della risoluzione unilaterale è stato ridefinito.
A riguardo, la Funzione Pubblica, con la circolare n. 2 del 19/2/2015 emanata d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha fornito chiarimenti. Nel rinviare per completezza d’informazione al testo completo della suddetta circolare che provvediamo ad inserire in area riservata ed internet, si riportano, di seguito, gli aspetti salienti della stessa.
Il limite ordinamentale per la permanenza in servizio
Il limite ordinamentale per la permanenza in servizio è fissato, in via generale, dall'articolo 4, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, per i dipendenti dello Stato, e dall’articolo 12 della legge 20 marzo 1975, n. 70, per i dipendenti degli enti pubblici; tale limite è applicabile in via analogica anche alle altre categorie di dipendenti pubblici in mancanza di diversa previsione normativa.
Come precisato dall’articolo 2, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che ha fornito l'interpretazione autentica dell’articolo 24, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge n. 201 del 2011 nei casi di cui allo stesso articolo 24, comma 4, tale limite non è modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia dall'articolo 24, comma 6, del citato decreto-legge n. 201 del 2011. Rimangono salvi i diversi limiti già stabiliti da norme speciali per particolari categorie di dipendenti (per esempio, il compimento del settantesimo anno di età per i magistrati, gli avvocati e procuratori dello Stato e per i professori universitari ordinari).
La disciplina transitoria
Il comma 2, dell’articolo 1, del decreto-legge n. 90 del 2014, ha fatto salvi i trattenimenti in servizio in essere sino alla data del 31 ottobre 2014 o a data antecedente se prevista nel provvedimento: essendo già scaduto questo termine, i trattenimenti non possono proseguire. A tal fine. si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si intendono revocati ex legge.
I successivi commi 3 e 3-bis, dell'articolo 1 contengono una disciplina speciale, finalizzata a salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari e la continuità didattica.
In base a questa disciplina, la data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi-contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento. che non potrà avere durata tale da superare la predetta data.
La disposizione del comma 3-bis, relativa al personale della scuola, ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014.
Il mancato raggiungimento del minimo contributivo
Quando il dipendente non matura alcun diritto a pensione al compimento dell'età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale, sentenze n. 33 del 2013 e n. 282 del 1991), l'amministrazione deve proseguire il rapporto di lavoro con il dipendente oltre il raggiungimento del limite per permettergli di maturare i requisiti minimi previsti per l'accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età (limite al quale si applica l'adeguamento alla speranza di vita).
Per valutare la sussistenza del requisito contributivo minimo per il diritto a pensione e, quindi, la possibilità della risoluzione del rapporto di lavoro, dovranno essere considerati il rapporto di lavoro in essere con l'amministrazione e gli eventuali precedenti rapporti di lavoro, a cui corrispondano contributi versati presso le diverse gestioni previdenziali. Se il totale dei 20 anni previsto dall'articolo 24, comma 7, del decreto-legge n. 201 del 2011, è raggiunto attraverso la somma di anzianità contributive relative a diverse gestioni previdenziali, il dipendente potrà accedere all'istituto gratuito della totalizzazione, di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, o a quello del cumulo contributivo, di cui all'articolo 1, commi 238-248, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che gli permetteranno di conseguire il requisito contributivo minimo. Per il collocamento a riposo attraverso l'istituto della totalizzazione, si deve tener conto del vigente regime delle decorrenze e, pertanto, secondo il principio generale, il rapporto di lavoro dovrà proseguire sino alla maturazione della decorrenza per evitare cesure tra trattamento retributivo e trattamento pensionistico. Per coloro che abbiano il primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996, peraltro, il collocamento potrà essere disposto solo se l’importo della pensione non risulterà inferiore all’importo soglia di 1.5 volte l’assegno sociale annualmente rivalutato.
Se, invece. anche considerando tutti i periodi contributivi, il dipendente non raggiungerà il minimo di anzianità contributiva entro il raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia prevista dall’articolo 24, comma 6, del predetto decreto-legge n. 201 del 2011, l’amministrazione dovrà valutare se la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al compimento dei 70 anni di età (oltre all’adeguamento alla speranza di vita) consentirebbe il conseguimento del requisito contributivo. In caso affermativo, l’amministrazione dovrà proseguire il rapporto di lavoro al fine di raggiungere l’anzianità contributiva minima. In caso contrario, l’amministrazione dovrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro.
La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro
In sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, è stato riformulato l’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che disciplina la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.
Pertanto, a decorrere dall’anno 2014, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro può trovare applicazione nei confronti dei lavoratori che maturano 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva e compiono 62 anni di età e delle lavoratrici che maturano 41 anni e 6 mesi di anzianità contributiva e compiono 62 anni di età, salva l’applicazione dei successivi adeguamenti alla speranza di vita su requisito contributivo. Non è più possibile, dunque, procedere in regime ordinario alla risoluzione unilaterale nei confronti dei dipendenti che compiono i 40 anni di anzianità contributiva (tranne che nel caso di ricorso ai pensionamenti in deroga per soprannumero, per i quali continuano ad applicarsi le disposizioni anteriori al decreto-legge n. 201 del 2011 ).
I dipendenti che hanno maturato il requisito di accesso al pensionamento entro il 31 dicembre 2011 rimangono soggetti al regime di accesso al pensionamento previgente.
Anche dopo la data di entrata in vigore della nuova norma (19 agosto 2014), nei confronti di questi dipendenti l'amministrazione può esercitare il recesso al raggiungimento del limite ordinamentale, nonché al conseguimento del requisito dell'anzianità contributiva di 40 anni di servizio.
Per quanto riguarda infine la procedura, la nuova formulazione della disposizione rende esplicita la necessità che la decisione sia motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati. Tale facoltà riconosciuta alle pubbliche amministrazioni “non necessita di ulteriore motivazione qualora l'amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto degli organi di controllo". Nel definire i criteri le amministrazioni valuteranno se prevedere soluzioni di armonizzazione tra uomini e donne, riguardo al momento di adozione della risoluzione unilaterale del rapporto, al fine di scongiurare casi di discriminazione di genere in relazione al diverso requisito di anzianità contributiva richiesto.
Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche la nuova disposizione stabilisce in 6 mesi. Il recesso può essere anche comunicato in anticipo rispetto alla realizzazione dei relativi presupposti.
Regimi speciali
L'ultima parte del nuovo testo dell’articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede alcune categorie di personale alle quali la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro non si applica o si applica con salvaguardia.
Per essi, pertanto, perdura la facoltà di proseguire il rapporto superando il limite dei 65 anni su istanza dell’interessato, fino al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti.